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Combattiamo la povertà e l'emarginazione

Nelle Capanne di Betlemme la vita rinasce

Una vita dignitosa per bambini e ragazzi di strada

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Nel 1987 la Comunità Papa Giovanni XXIII ha aperto a Rimini la prima "Capanna di Betlemme": una realtà di pronta accoglienza serale e notturna, dove gli "invisibili" trovano un tetto sulla testa e un letto dove dormire, ma soprattutto il calore della famiglia. Attraverso momenti importanti di condivisione come la cena, o le chiacchiere insieme, lentamente ricominciano ad instaurare relazioni significative.

Alla Capanna di Betlemme i volontari vivono insieme agli accolti, mangiano, dormono, lavorano e vanno in vacanza insieme a chi viene dalla strada. Da più di 20 anni il pulmino della Capanna ogni sera carica le persone (quelle più bisognose) che si preparano a passare la notte in strada e le porta a casa, dove possono mangiare qualcosa sedendo a tavola con la famiglia della Capanna, farsi una doccia e dormire su un materasso.

Oggi chi arriva alla Capanna di Betlemme ha anche la possibilità di uscire dalla propria condizione attraverso la costruzione di progetti individualizzati di reinserimento sociale. Questo percorso si sviluppa nella misura in cui la persona ritrova il desiderio di condurre una vita dignitosa, la capacità di lottare contro le ingiustizie e il sostegno fraterno di persone che si fanno a lei "prossimo".

Una porta sempre aperta, una parola di conforto, un sorriso e la dignità prima di tutto

Le tante persone che hanno trovato rifugio e ascolto nelle Capanne di Betlemme in questi anni ci hanno insegnato una lezione preziosa: il loro bisogno più grande non è solo un tetto, un pasto o un aiuto temporaneo. Desiderano essere riconosciute nella loro dignità, nel loro essere persone uniche e preziose. Andare oltre le apparenze, trovare un dialogo vero con le persone accolte, guardarle con gli occhi di chi vede il loro valore, a prescindere da ciò che possiedono, crediamo che sia il gesto più potente che possiamo fare per restituire loro la dignità.

Da oltre 50 anni creiamo opportunità concrete per combattere le ingiustizie sociali, la povertà e l'emarginazione. Alla base del progetto Cicetekelo ci sono i valori che da sempre animano la nostra comunità: la dignità di ogni persona, attraverso il lavoro e il diritto di ogni bambino di realizzarsi, attraverso lo studio e il gioco, crescendo in un ambiente sicuro e protetto. Per i ragazzi di strada, costretti a confrontarsi con l'indifferenza, la violenza e la precarietà, Cicetekelo è molto più di un semplice progetto: è un rifugio, una famiglia, una nuova opportunità. Con il tuo sostegno possiamo continuare a soccorrere sempre più bambini e ragazzi in difficoltà. Insieme possiamo investire nel loro futuro e farli diventare una risorsa per la società in cui vivono.

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Diceva don Oreste: "quando i poveri non vengono a cercarci, dobbiamo andare noi a cercarli".
La Comunità Papa Giovanni XXIII ogni giorno li incontra nelle stazioni, sotto i ponti e ovunque essi si rifugino alla ricerca di un posto sicuro per la notte.

Lo sapevi che

La famiglia della Capanna

All'interno della Capanna di Betlemme, il modulo "Famiglia della Capanna" identifica un gruppo di persone accolte che, grazie a una condizione particolare e specifica rilevata dall'équipe degli operatori, sono state selezionate per intraprendere un percorso di aiuto dedicato. Avendo precedentemente mostrato segnali incoraggianti di apertura alla socializzazione, al reinserimento e all'inclusione sociale durante la loro permanenza nella Capanna, è stato predisposto per loro un programma educativo personalizzato e condiviso, la cui prima fase si svolge all'interno della struttura, mirando al superamento della vita di strada. Le successive fasi solitamente prevedono un passaggio in altra realtà di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII secondo le esigenze e le capacità della persona oggetto dell’intervento educativo personalizzato. Lo scopo principale è offrire loro attività giornaliere che le aiutino a organizzare la propria giornata in modo attivo e responsabile, favorendo l'autosostentamento o preparandole a un lavoro futuro.

Grazie a te, tante vite trovano una nuova direzione

Piero ha vissuto sulla propria pelle le dure conseguenze della crisi economica, ritrovandosi a perdere il lavoro. In seguito a questa difficile situazione, è stato accolto nella Capanna di Betlemme una realtà di accoglienza per senzatetto della Comunità Papa Giovanni XXIII. Proprio lì ha conosciuto la figura e la storia di don Oreste Benzi. Da semplice ospite, Piero ha preso la decisione di rimanere nella Capanna e offrire il suo conforto a chi vive per strada e non ha più nessuno.

Nella Capanna ha scoperto che diventare povero, in realtà lo ha fatto diventare ricco: una nuova ricchezza non fatta di beni materiali o denaro, ma di relazioni umane e di una profonda comprensione. Ha compreso che la povertà non conosce colore, sesso, età, razza o religione, e che questa condizione di difficoltà nel riuscire a vivere in maniera dignitosa rende le persone tutte uguali.

Attualmente, si occupa principalmente della cucina, preparando i pasti quotidiani, mattina e sera, per le persone che vivono e frequentano la Capanna. Piero racconta che Il bello di sedersi a tavola sta non solo nell’avere la possibilità di mangiare un pasto caldo, ma anche nell’avere la possibilità di incontrare persone, ciascuna con una storia diversa, confrontarsi con loro e scoprire nuove prospettive e nuovi mondi.

Tiziana è la responsabile della Capanna di Betlemme di Vicenza e ha scelto di dedicare la propria vita alle persone più fragili. Ogni giorno, 24 ore su 24, condivide con loro lo stesso tetto, mangiando alla loro stessa tavola e se ne prende cura come una sorella, una mamma o una figlia.

Una delle sfide principali, racconta Tiziana, è aiutare queste persone a superare la difficoltà nel relazionarsi, spesso dovuta alla chiusura in sé stesse e a vissuti particolarmente dolorosi. Il primo passo è farle sentire a proprio agio, metterle nelle condizioni di esprimersi con le loro capacità e abilità, e risvegliare quel senso della vita che ognuno cerca.

Un'altra notevole difficoltà, risiede nel comprendere appieno la sensibilità di ogni individuo, poiché ognuno porta con sé un bagaglio di esperienze spesso dolorose. Diventa essenziale intuire ciò che la persona sta cercando e il messaggio che desidera comunicare in quel preciso istante: bisogna sempre mettersi nei panni dell’altro per poterlo aiutare e sostenere.

Quando ha conosciuto la Comunità Papa Giovanni XXIII, ciò che l'ha affascinata è stata la dedizione a 360 gradi delle persone, che condividono la loro vita in ogni momento con chi vive in uno stato di fragilità. Tiziana è grata a tutti coloro che sostengono la Comunità, perché grazie al loro sostegno è possibile vivere in queste strutture, aiutare le persone bisognose, dando loro risposte concrete per affrontare i problemi della loro quotidianità.

Padre Luca è il responsabile della Capanna di Betlemme a Bologna, un punto di riferimento sul territorio da oltre un decennio. Questa struttura svolge un ruolo cruciale nell'accoglienza quotidiana di persone senza fissa dimora, tra cui giovani profughi desiderosi di apprendere la lingua italiana, anziani bisognosi di supporto, ragazzi con problematiche psichiatriche, persone che hanno la possibilità di scontare pene alternative al carcere e giovani alle prese con la tossicodipendenza.

Padre Luca descrive la Capanna di Betlemme come un rifugio in cui si convive tutti insieme come una vera famiglia. Chi vive per strada spesso ha perso il senso di appartenenza e la fiducia in sé stesso, arrivando a credere che la propria esistenza non abbia valore e di non rappresentare una risorsa per la società. Il clima familiare che si respira all'interno della Capanna, invece, vuole essere una parentesi positiva, un'opportunità per queste persone di intravedere un po di speranza in mezzo alla solitudine e alla sofferenza. Attraverso la condivisione e il sostegno reciproco, l'obiettivo primario è aiutarli a recuperare la fiducia nelle proprie capacità

Padre Luca sottolinea come la vera condivisione rappresenti un investimento nelle vite delle persone, creando legami profondi e significativi. Ciò che le persone accolte chiedono, più di ogni altra cosa, è di non essere tradite. Spesso segnate da delusioni, stringono con gli operatori un patto silenzioso, un accordo di fiducia reciproca che rappresenta il fondamento del loro percorso di recupero.

La sofferenza più grande non è essere senza un letto per dormire, o un pane da mangiare, ma non essere pensato da nessuno: la Capanna di Betlemme è un’ alternativa concreta all’attuale sistema carcerario, costoso e inumano, inefficiente e degradante.

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